Autore: Filippo Ventura
Noi siamo il Sogno che la vostra immaginazione ha creato...
Noi siamo il Racconto che la nonna vi svela davanti al camino,
Noi siamo la Poesia che più forte fa battere il cuore,
Noi siamo l'Immagine che il vostro sguardo cattura...
Noi siamo le CREATURE D'INCHIOSTRO!
Benvenuti nella nostra casa... benvenuti nel nostro Mondo di Carta!
Noi siamo il Racconto che la nonna vi svela davanti al camino,
Noi siamo la Poesia che più forte fa battere il cuore,
Noi siamo l'Immagine che il vostro sguardo cattura...
Noi siamo le CREATURE D'INCHIOSTRO!
Benvenuti nella nostra casa... benvenuti nel nostro Mondo di Carta!
21 aprile 2011
La spada della follia - Il peso del destino (1° parte) - Fumetto
La spada della follia - Il peso del destino (1° parte)
Questa è la prima parte del racconto "La spada della follia - Il peso del destino".
La seconda parte si trova qui.
La seconda parte si trova qui.
***
Tutto sembrava privo di senso, la mia stessa esistenza appariva come una pedina nelle mani di chissà quale assurdo destino, come una foglia che ondeggia trascinata dal vento.
***
Non ricordo nulla dell’altra notte, l'unica cosa certa è che da allora tutto è cambiato;
i pochi compagni rimasti qui con me sicuramente conoscono la verità, ma dare voce alle domande che ho in testa potrebbe riaprire una ferita che io stesso ho causato.
i pochi compagni rimasti qui con me sicuramente conoscono la verità, ma dare voce alle domande che ho in testa potrebbe riaprire una ferita che io stesso ho causato.
Forse la colpa di quanto accaduto è di questa spada, forse...
***
Di lì a poco Nikolas si avvicinò per offrirmi un po’ d’acqua: era stanco e demoralizzato, anche se cercava di nasconderlo dietro il sorriso forzato che non riusciva tuttavia a celare del tutto la tristezza che provava.
Presi la borraccia che mi porgeva e, osservandola, ricordai che ormai le provviste scarseggiavano e l’acqua era un prezioso tesoro, così me ne concessi solo qualche sorso.
Decisi di lasciare l'accampamento per fare due passi e schiarirmi le idee, e fu in quel momento che scorsi il bagliore negli occhi di Milena e Job: il loro sguardo mi bruciava, sembrava urlare “Perché? Perché l’hai fatto? E' colpa tua se sono morti!”.
Qualsiasi parola mi restava incastrata in gola: non riuscivo a ricordare il motivo del loro comportamento e temevo che qualsiasi cosa dicessi potesse ferirli ancora; non potei fare altro che distogliere lo sguardo e allontanarmi.
Le uniche prove che avessi degli avvenimenti terribili che dovevano essere accaduti la scorsa notte erano le mie mani, ustionate e ricoperte di cicatrici che ancora dolevano per ragioni che sfuggivano ai miei ricordi.
Mi sedetti su una roccia poco lontano, con la spada, così oscura e misteriosa, sulle ginocchia; mi sforzai di ricordare, ma il mio sguardo veniva persistentemente catturato dallo strano e misterioso volto raffigurato sulla coccia della lama.
La morte dei miei compagni di viaggio, dei miei amici, mi sconvolgeva, e ciò che non mi dava pace era il pensiero di come fosse successo: Ledya, Sam e Sion erano morti, ed io, forse, ne ero la causa.
Dovevo avere delle risposte, ma in quel momento parlare con gli altri dell'accaduto
era troppo doloroso e probabilmente lungi dal portare le risposte che cercavo...
era troppo doloroso e probabilmente lungi dal portare le risposte che cercavo...
Autore: Drake
15 aprile 2011
Creature d'inchiostro a FullComics & Games 2011
La spada della follia - Il peso del destino (2° parte)
Questa è la seconda parte del racconto "La spada della follia - Il peso del destino".
La prima parte è disponibile presso lo stand de "Il Senso delle Nuvole - Arcadia" presente alla fiera "FullComics & Games" dal 15/04 al 17/04/2011. Venite a trovarci!!
La prima parte è disponibile presso lo stand de "Il Senso delle Nuvole - Arcadia" presente alla fiera "FullComics & Games" dal 15/04 al 17/04/2011. Venite a trovarci!!
***
(continua...)Dopo pochi minuti, il silenzio fu rotto da scalpitii di zoccoli e voci di uomini in rapido avvicinamento. Mi voltai e vidi quattro cavalieri che con fare ardito spronavano i propri destrieri nella nostra direzione.
Gli altri si alzarono incuriositi: Nikolas dopo qualche istante di esitazione riconobbe in quegli individui alcuni abitanti del villaggio distrutto l’altra notte.
Lo sguardo indagatore dei nuovi arrivati cadde su di noi ed in particolar modo su di me.
I cavalli si fermarono e tre dei quattro uomini scesero con le spade sguainate, domandando con rabbia e arroganza: «Siete voi i forestieri giunti la scorsa notte nella città di Kaiif?».
Nessuno di noi rispose; i loro sguardi ci studiarono come predatori pronti ad assalirci.
Dopo qualche momento Nikolas accennò un segno di diniego con la testa e con voce impostata mentì: «Non siamo coloro che state cercando; di fatti siamo appena giunti in queste terre dalle lontane Contrade dell'Ovest.»
Uno di loro sorrise e si avvicinò a Nikolas, gli mise una mano sulla spalla e con l’altra gli affondò la spada nel ventre fino all'elsa.
I miei occhi si dilatarono, rimasi immobile come pietrificato, mentre Milena e Job mossi dal dolore si scaraventarono su colui che aveva ucciso il nostro compagno.
Quello che successe dopo si verificò nel giro di pochi istanti: vidi la freccia, partita dall’arco dell'unico rimasto in sella, trapassare il petto di Milena, che di lì a poco stramazzò al suolo, mentre Job lottava furiosamente con l'uomo che aveva ferito Nikolas a morte.
Avanzai di qualche passo verso di loro e strinsi forte il manico della spada. Sentivo il fuoco ardere nelle vene ed espandersi in tutto il corpo; i miei occhi bruciavano, scintille improvvisamente dominavano il limite del mio campo visivo.
Con l'ira che ormai si era impossessata di tutto il mio essere, tirai un rozzo fendente nell’aria diretto ai nemici e ai miei compagni, sebbene fossi lontano dalla battaglia,
Le mie mani furono pervase da una forza immensa, poi, il fuoco che mi circondava avvampò... e fu il buio.
Quando ripresi i sensi, intorno a me vidi solo terra bruciata.
Facevo fatica a muovere le mani a causa delle profonde bruciature che avevano aggravato le precedenti ferite; dolente, mi guardai intorno, e fu solo allora che notai i cadaveri carbonizzati dei cavalli e dei loro padroni.
Più in la vidi quello che rimaneva dei corpi di Nikolas e Milena; e infine Job, che cercava disperatamente di proteggersi il volto con le mani, ma non era altro che un ammasso di carne carbonizzata.
Raccolsi con non poche difficoltà la spada: la presi tra le mani e fissandola tra le lacrime giurai a me stesso che l’avrei distrutta, o quantomeno celata in un luogo che mai più occhio umano avrebbe trovato.
Lo urlai, urlai questo mio desiderio con quanto fiato avevo in gola.
Fu in quel momento che gli occhi del volto inciso sulla coccia di quella spada maledetta si aprirono: la lama prese a vibrare innalzandosi minacciosamente a mezz'aria, come a punirmi per ciò che avevo detto.
Riafferrandola con tutta la forza di cui ero capace ed ignorando il dolore, promisi a me stesso che la avrei dominata, sì... almeno fino al momento in cui sarei riuscito a trovare un luogo sicuro dove celarla... ma in fondo non volevo, non potevo abbandonarla.
E' sempre stata la spada a dominarmi… e solo ora me ne rendevo conto.
Autore: Drake
Bottino
Pioveva, ma questo non era un problema per Oderzo, anzi: le strade erano vuote, le ombre erano più fitte…
Si guardò intorno per essere sicuro che non ci fosse proprio nessuno, poi risalì con lo sguardo al suo obbiettivo: la finestra al terzo piano, l’unica senza sbarre della bassa torre cittadina.
Cominciò cautamente l’arrampicata. Le pietre offrivano pochi appigli e, per giunta, erano bagnate, ma con qualche cautela in pochi minuti riuscì ad arrivarci. Ora veniva la parte più difficile.
Estrasse gli attrezzi da scasso da una tasca del mantello e con pochi, esperti movimenti riuscì a forzare l’imposta senza cadere.
Scavalcando il davanzale, si tolse le scarpe e il mantello, completamente inzuppati, per non essere appesantito e muoversi più silenziosamente. Da una porta spalancata alla sua destra proveniva un sonoro russare. Lasciò cadere gli abiti nella strada, il “ciaf” si confuse col suono dell’acqua che cadeva.
Oderzo controllò la porta alla sua destra: il vecchio servitore, che aveva visto spesso al mercato, dormiva della grossa. Non si sarebbe svegliato di certo…
Si infilò nell’altra porta, che dava su un breve corridoio. Contò le porte: una, due… la terza era quella che cercava.
Essendo pratico di queste cose, controllò nella poca luce maniglia e serratura. Non sembravano esserci pericoli… Armeggiò un poco con i suoi attrezzi, stando attento ad ogni minimo movimento per evitare trappole.
Il mago doveva sentirsi molto al sicuro, non aveva lanciato nemmeno un piccolo incantesimo d’allarme sulla maniglia della porta del suo laboratorio.
Oderzo era là per rubare un diamante, il più grosso diamante che avesse mai visto, grande come il suo pugno: il mago, quella mattina, lo aveva comprato dal gioielliere proprio sulla piazza principale della città, senza nascondere il suo acquisto, anzi, quasi sfoggiando la sua ricchezza.
Soldi acquisiti con mezzi arcani, vanità, presunzione… Quell’uomo meritava di essere derubato.
Quando la porta si aprì, il buio totale era interrotto solo da un minuscolo lucore azzurrino al centro della stanza senza finestre. Curioso… L’unica cosa che Oderzo poté vedere avvicinandosi era la fonte di quella luminosità, il diamante, montato su una strana intelaiatura di metallo a forma di treppiede. Evidentemente il mago aveva già cominciato i suoi esperimenti… Meglio, la pietra avrebbe avuto più valore!
Oderzo esaminò meglio che poteva la struttura che reggeva il diamante: non sembravano esserci trappole nemmeno lì e, del resto, quali incantesimi avrebbe potuto lanciare il mago in così poco tempo? Forse tutto quel che voleva fare era creare una costosissima lampada magica…
Allungò la mano verso il diamante, ma subito la ritirò dopo averlo appena sfiorato: la pietra scottava!
Diavolo di uno stregone, chissà che aveva combinato; ma Oderzo non si perse d’animo e indossò i guanti che portava infilati nella cintura.
Riprovò a prendere il diamante: mentre avvicinava le dita avide, poteva sentire il calore anche attraverso la pelle dei guanti e, per un attimo, sembrò che la luce della pietra aumentasse d’intensità.
Improvvisamente Oderzo si sentì afferrare per le dita da qualcosa, una forza invisibile, che lo tirava verso il gioiello. Cercò di resistere… ma era inutile. Vide con stupore qualcosa, nella pietra, sembravano case, anzi, un’intera città, identica a quella dove si trovava in quel momento. Poi vide la sua mano che, pur senza rimpicciolire, penetrava nel diamante e vi era interamente contenuta… poi il braccio, infine, come precipitando, si ritrovò a scomparire interamente nella pietra.
L’ultima cosa che sentì, prima di essere abbagliato da una gran luce, fu una risatina soffocata.
Nell’angolo più buio del suo studio il mago, seduto sulla sua poltrona nera, ridacchiava contento. Guardò il diamante e, battendo divertito le mani, disse: “Il primo abitante per la mia città in miniatura!”
Autore: Luca d’Alessandro
14 aprile 2011
La valle della nebbia
Il tempo dell’attesa sarà lungo
Mercurio scandirà le ore
E nutrirà la ragione, madre dei dubbi
Ma il suo sguardo di cielo cucirà le ferite
Il sorriso del sole le cicatrizzerà
Un giorno lui verrà
Al termine della notte
Quando Giove solleverà i sui veli
Intraprenderà il cammino
Marte stringerà le tregue
All’orizzonte il buio si scioglierà
Carico di sospiri e attese
E con piedi certi giungerà il Re del Creato
Per abdicare al tuo cospetto
Porterà la spada della giustizia in una mano
Il vessillo dell’onore nell’altra
La sua voce avrà l’eco dei sogni
Il suo passo il peso di Gaia
Prenderà tua mano
Per condurti al suo fianco
Venere benedirà il cammino
Luna accompagnerà il riposo
Gli Astri pregheranno per il vostro domani
Perché Voi sarete il nostro futuro
Un giorno lui verrà
E sarà il tempo della fine
Saturno cucirà le fila
E avrete la responsabilità del nuovo inizio
Ora pazienta fratello mio
Dormi e pazienta
Il risveglio è vicino
E la fatica sarà grande.
Autore: Elena Gatti
Vite passate - illustrazione
Pubblicato da
Creature d'Inchiostro
alle
22:37
0
commenti
Tags:
illustrazioni,
Tanja Guidoreni,
Vite passate
Vite passate - 1° parte
Entrò barcollando, tallonata dal cane.
La pioggia era cessata da poco e ormai stava albeggiando.
La luce s’infiltrò dentro alla grotta, così da permetterle di vederne l’interno con chiarezza.
La prima cosa che la colpì fu la sensazione d’isolamento che le dava quel luogo, come se fosse alieno al resto del mondo che lo circondava.
Mosse qualche passo all’interno e si sedette. Dallo zaino estrasse la borraccia e la maglia di ricambio; digrignando i denti si spogliò e si pulì la ferita, ormai non le restava più molta acqua, ma non poteva rischiare che la ferita s’infettasse.
“Almeno ha smesso di sanguinare…”
Dopo essersi fasciata la spalla con una nuova benda si rivestì e, accesa la torcia, si alzò, decisa a controllare la caverna prima di mettersi a riposare.
La poca luce l’aveva ingannata, la grotta non finiva dove aveva creduto in un primo momento, ma curvava in una zona non ancora illuminata dal sole.
L’angolo nascosto era una specie di paradiso.
Una piccola infiltrazione d’acqua che scendeva dal soffitto con il passare degli anni aveva creato una pozza e le pareti, tranne una, erano ricoperte di muschio e pianticelle.
Alida si avvicinò alla parete spoglia, in fondo alla grotta, e l’alone creato dalla fiaccola illuminò un altare, posto a guardia di un tumulo.
Sopra all’altare, in mezzo alla parete, era incisa una frase.
Qui giace Skyfire comandante della guarnigione “Fiamma di Luce”
il suo cuore coraggioso cammina nel raggio di Sole verso il calore di nostro Padre.
Da quella distanza s’intravedeva sull’altare un vecchio arco di legno e una scatola, a prima vista nera e di scarso valore.
Si fece più vicina, per controllare meglio.
La scatola era in legno, ormai rovinata dal tempo. Probabilmente una volta vi erano state incisioni in oro e sicuramente era stato un pezzo pregiato, ma ormai era solo ciarpame senza valore.
La riappoggiò delicatamente sull’altare, ancora chiusa…quel luogo le sembrava troppo sacro per saccheggiarlo.
La sua mano si spostò verso l’arco, inconsciamente, e lo spostamento d’aria creato sollevò lo strato di polvere che ricopriva l’arma.
Le sembrò che il sole fosse entrato tutto di un colpo in quell’anfratto.
L’arco era di un bianco accecante, si nutriva della luce della torcia per poi rifletterla in tutta la grotta, facendo brillare i quarzi delle stalattiti come pietre preziose e risvegliò nella sua mente l’eco di un ricordo, o di un sogno…
Impaurita e nello stesso tempo attratta dall’arma la impugnò, e il suo mondo cambiò inesorabilmente, per sempre.
Continua...
Autore: Tanja Guidoreni
Pubblicato da
Creature d'Inchiostro
alle
22:34
0
commenti
Tags:
racconti,
Tanja Guidoreni,
Vite passate
Falena
La notte è scura, fredda e inospitale… il giorno mi fa paura, il sole è accecante e tutti… tutti mi vedono.. Non voglio, non voglio essere visto da nessuno. Ridono, ridono di me del mio aspetto, della mia goffaggine. Mi guardo, mi guardo e desidero strapparmi gli occhi… tocco ogni angolo del mio corpo perché masochista voglio soffrire per vedere come sarei… come starei… Non c’è posto per me in alcun luogo, in alcun dove. Non c’è posto per me in nessun tempo, in nessuno spazio.
E cado, cado dentro di me.
Quando lo sconforto ti divora mostrandoti le sue viscere di un nero così tetro da apparire senza dimensione… ti ingoia senza ritegno alcuno sommergendoti di antipatie e problemi, di ansie e storture… L’unica cosa da fare è perire per poi rinascere sperando in un fato migliore.
E volo, volo lontano da me.
Così è stato e da bruco divengo falena.
La notte è la vita, il peccato di lussuria che scorre fra le mie ali… il giorno è la vita, il peccato di superbia che si libra sul mio volto. È strano, è bello essere guardati con rispetto dagli stessi occhi che prima ti ignoravano. È bello essere ammirati e non derisi. Mi guardo con stima su ogni vetro… sento vibrante il mio corpo in cerca del nettare che ho desiderato e finalmente mi è concesso… mi piace. Questo ora è il mio mondo e io mi libro nell’aria assaporando suoni, sapori, profumi nuovi. Ma solo ora mi accorgo che non c’è nessuna novità. Ascolto, assaporo, sento soltanto sotto una nuova ottica, una nuova luce che brilla intensa come sole.
Ora? Ora vivo.
Il tempo scorre… i fiori da cui mi nutro sono i più belli.
Il tempo scorre… e il sole mi ha bruciato le ali.
Non voglio. Non voglio. Perché? Tornare ad essere ignorato, tornare ad essere ripudiato, gettato come fiore reciso. Il nettare è diventato amaro e fugace… Volo veloce alla ricerca di una foglia per proteggermi dalle intemperie, ma queste si ritraggono sdegnate. Volo e volerò fino a quando le mie ali non saranno altro che ramoscelli secchi e il mio fiato verrà meno. Volo e volerò ancora, solo, senza più notte e senza più giorno avvolto da una pesante nebbia che mi faccia da mantello, nascosto da tutti attendendo il cambiamento.
Forse… l’ultimo.
Autore: Simone Hsu
Il diario di viaggio di Alexander Senis - 1° parte
Devo ammetterlo, la mia vita è stata decisamente strana fin dalla mia nascita, nato in una delle più potenti Famiglie della città dove abitavo, fin da che ricordi ho avuto la possibilità di far quel che volevo e di diventar chi volevo, ma se ripenso ai primi attimi in cui il Potere si è risvegliato nella mia anima è stato... Terrificante!
Ricordo come fosse ora i colori presenti nel giardino del palazzo, gli odori, il vento che dolce mi accarezzava il volto, e poi... quella sensazione, quel senso di pace mentre vedevo il cielo scurirsi, quei nuvoloni neri riempire il cielo, ed io immobile al centro del giardino li fissavo, quasi mi sembrava mi chiamassero, e poi... il Tuono!
Il frastuono prodotto da quel unico ed accecante lampo caduto a pochi metri da me mi aveva completamente assordato.
Lo spostamento d'aria prodotto dal lampo mi aveva spostato di parecchi metri alla mia destra, ma stranamente ero ancora in piedi....
Prosegue nella prossima puntata...
Autore: Andrea Cattaneo
Pubblicato da
Creature d'Inchiostro
alle
22:17
0
commenti
Tags:
Alexander Senis,
Andrea Cattaneo,
diari di viaggio
Iscriviti a:
Post (Atom)