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14 aprile 2011

Vite passate - 1° parte


Entrò barcollando, tallonata dal cane.
La pioggia era cessata da poco e ormai stava albeggiando.
La luce s’infiltrò dentro alla grotta, così da permetterle di vederne l’interno con chiarezza.
La prima cosa che la colpì fu la sensazione d’isolamento che le dava quel luogo, come se fosse alieno al resto del mondo che lo circondava.
Mosse qualche passo all’interno e si sedette. Dallo zaino estrasse la borraccia e la maglia di ricambio; digrignando i denti si spogliò e si pulì la ferita, ormai non le restava più molta acqua, ma non poteva rischiare che la ferita s’infettasse.
“Almeno ha smesso di sanguinare…”
Dopo essersi fasciata la spalla con una nuova benda si rivestì e, accesa la torcia, si alzò, decisa a controllare la caverna prima di mettersi a riposare.
La poca luce l’aveva ingannata, la grotta non finiva dove aveva creduto in un primo momento, ma curvava in una zona non ancora illuminata dal sole.
L’angolo nascosto era una specie di paradiso.
Una piccola infiltrazione d’acqua che scendeva dal soffitto con il passare degli anni aveva creato una pozza e le pareti, tranne una, erano ricoperte di muschio e pianticelle.
Alida si avvicinò alla parete spoglia, in fondo alla grotta, e l’alone creato dalla fiaccola illuminò un altare, posto a guardia di un tumulo.
Sopra all’altare, in mezzo alla parete, era incisa una frase.
Qui giace Skyfire comandante della guarnigione “Fiamma di Luce”
il suo cuore coraggioso cammina nel raggio di Sole verso il calore di nostro Padre.
Da quella distanza s’intravedeva sull’altare un vecchio arco di legno e una scatola, a prima vista nera e di scarso valore.
Si fece più vicina, per controllare meglio.
La scatola era in legno, ormai rovinata dal tempo. Probabilmente una volta vi erano state incisioni in oro e sicuramente era stato un pezzo pregiato, ma ormai era solo ciarpame senza valore.
La riappoggiò delicatamente sull’altare, ancora chiusa…quel luogo le sembrava troppo sacro per saccheggiarlo.
La sua mano si spostò verso l’arco, inconsciamente, e lo spostamento d’aria creato sollevò lo strato di polvere che ricopriva l’arma.
Le sembrò che il sole fosse entrato tutto di un colpo in quell’anfratto.
L’arco era di un bianco accecante, si nutriva della luce della torcia per poi rifletterla in tutta la grotta, facendo brillare i quarzi delle stalattiti come pietre preziose e risvegliò nella sua mente l’eco di un ricordo, o di un sogno…
Impaurita e nello stesso tempo attratta dall’arma la impugnò, e il suo mondo cambiò inesorabilmente, per sempre.

Continua...

Autore: Tanja Guidoreni

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